Credera
Situata sul margine meridionale dell’Isola Fulcheria, Credera in tempi antichi era la cava della creta, che forniva mattoni e laterizi alle fornaci vicine: e difatti ancor oggi alcuni campi nei suoi dintorni si chiamano con il nome di Fornaci.
Credera è senza dubbio più antica dei paesi circostanti, e forse fornì il materiale per la loro progressiva costruzione. L’antica Cava Cretaria si può considerare perciò come una madre dalle cui viscere sono usciti i figli che hanno preso posto intorno ad essa.
Le chiese
la chiesa edificata da Razone e donata al Vescovo di Cremona, doveva essere chiesa battesimale, come si desume dal termine ”ecclesia” che era allora riservato a quelle che avevano il Fonte, mentre le altre erano dette “basilicæ”, “capelæ”, “oracula”. Forse la distanza della chiesa plebana, che doveva essere a Ripalta Arpina, imponeva che anche e Credera si potesse amministrare il Battesimo. Da questa chiesa dipendevano anche le popolazioni di Rovereto e di Rubbiano, che per molto tempo costituirono con Credera una sola parrocchia.
Quando la vecchia”ecclesia” probabilmente già dedicata S. Donnino M. dovette sparire per troppa angustia o per fatiscenza Credera fu dotata di una nuova parrocchia per opera del Card. Gerolamo Della Rovere, vescovo di Frascati e Commendatario dell’Abbazia di Cerreto. Venne eretta dalle fondamenta nel 1945, ma non ebbe lunga durata. Forse era anche quella troppa angusta e disadorna, perché non fu risparmiata in nessuna parte, senza ricordo e senza rimpianto. La chiesa attuale è sorta per merito degli Abati di Cerreto: la iniziò nel 1735 il P. Adolfo Terzaghi, e la condusse a compimento nel 1748 il P. Francesco Redaelli. Era allora Rettore Parroco di Credera il P. Ambrogio Massari, il quale ebbe anche la benemerenza di raccogliere le antiche memorie del paese. La costruzione, non grande, è di linea elegante e slanciata: una croce greca senza i bracci laterali e con aggiunta di presbiterio fuori croce: l’idea centrale è in tal modo fortemente alterata e l’interno si presenta come unica nave ricoperta al centro da una tazza in cui il Piccinardi affrescò l’Assunzione della Vergine, con un ottimo effetto di colori accesi e di movenze vivaci. Il Piccinardi dipinse pure nelle nicchie otto santi di valore decorativo, quantunque questi affreschi siano stati ritoccati e quasi rinnovati nel colore dal Conti. La chiesa di San Rocco fu eretta dopo la peste del 1630, ricostruita nel 1747 e restaurata nel 1831.
Villaggio e frazioni
Credera, come i villaggi vicini situati sulla costa dell’antica isola, offre una campagna molto varia ed amena. Il suolo accidentato e ondulato, le vaste distese di praterie e di boscaglie che dilagano in basso verso l’Adda conferiscono al panorama un valore molto pittoresco. In un angolo del villaggio, dove d’alto margine strapiomba bruscamente con forte dislivello, è stato costruito nel secolo scorso, con una certa armonia architettonica, la fattoria e la casa di campagna del Marchese Monticelli, dove gli edifici dapprima affrontati,si slargano a formare una specie di corte d’onore, in fondo alla quale distende la sua larga facciata come un fondale di scena il palazzotto padronale.
Nascoste nel verde dei campi, sorgono a distanza le Cascine San Carlo, dette anticamente Cascine dei Marchesi o Marchesche e un gruppo di case coloniche con circa 200 abitanti, e che ebbe già, dal 1777 in poi, il vanto di fare un comunello a sé. L’oratorio che vi sorge ha un antico presbiterio con qualche piccolo affresco dei secoli XVI e XVII. Era prima dedicato alla Madonna: poi fu dedicato a San Carlo e ampliato nel 1658. la nuova dedicazione della chiesetta diede occasione alla nuova denominazione delle Cascine. Dipende pure da Credera, per convenzione non per tradizione storica, la tenuta Ramelli, menzionata già in un documento del 1051 come giacente super Fluvio Adua. Ora invece dista dal fiume un chilometro e mezzo, e si trova in sinistra, mentre prima era in destra. In questa zona l’Adda, specialmente con la grande piena del 1761, mutò corso, causando questa strana variazione coreografica: ma l’Amministrazione civile, che non segue i turbolenti capricci del fiume continua ad assegnare questo lembo di terra al Comune di Turano, al di là dell’Adda.
Credera conta poco più di mille abitanti, ed è sede del Comune di Credera Rubbiano, cui è unito anche Rovereto. I tre paesi, sorti e vissuti nei primi secoli legati ad un medesimo destino, erano poi stati creati comuni indipendenti: la nuova fusione li ritorna alla pristina sorte, riallacciando al villaggio centrale le due propaggini laterali.
Rubbiano
Il nome, nella sua forma primitiva, e Rubiano, da rubum, roveto. Ed era nome comune a parecchie località a poca distanza dal nostro confine.
Rubbiano, quindi,, in origine, indicò una macchia, un intrigo di vegetazione folta e disordinata, quale poteva aversi sul margine, anche oggi qua e là segnato da densa vegetazione arborea, dell’alta riva dell’Isola Fulcheria e del piano sottostante.
Le origini di Rubbiano è probabile che risalgano, come quelle di Moscazzano e di Rovereto, all’epoca longobarda, se pure non ad un età anteriore, come suggerirebbe la forma latina di Roboretum e Rubianum.
Sappiamo che la professione di legge romana è assai frequente, più che non quella longobarda, nei documenti relativi a quella zona. In ogni modo, il più antico documento noto in cui è fatta menzione del nostro Rubbiano è del 9 aprile 1187, in cui Enrico VI, successo al padre Federico Barbarossa, conferma all’Abbazia di Cerreto il possesso delle due vicine località di Rubbiano e di Piazzano.
Rubbiano, dunque, appare nella storia come già attratto nella orbita della grande Abbazia, anzi come un suo possesso territoriale, e poiché l’Abbazia ha origine nel 1084, soltanto posteriormente a questa data, in seguito forse a donazione fatta da chi ne possedeva il territorio, Rubbiano passò ala completa dipendenza di quei monaci.
L'abbazia e la Parrocchia
Rubbiano, dal XII al XVIII secolo, vive alla completa dipendenza dell’Abbazia di Cerreto, o meglio, ne dipendeva totalmente come possesso territoriale, ma, quanto allo spirituale, appartenne sempre, sino alla erezione della nostra diocesi, al Vescovo di Cremona. E segnava da questa parte l’estremo limite della sua giurisdizione.
Nel 1355 si ebbe una modificazione nel senso che, pur continuando Rubbiano a far parte della Diocesi di Cremona, di fatto chi provvedeva alla cura spirituale di quella popolazione era l‘Abbazia di Cerreto, per mezzo di un monaco residente a Credera.
Quando poi, nel 1424, venne fondato in Credera il Monastero degli Agostiniani, la cura fu affidata ad essi. Era però inevitabile che Rubbiano, sull’esempio di altre parrocchie erette in seguito alla creazione della diocesi, si adoperasse attivamente per uscire da quello stato di perpetua minorità, e ci riuscì. Il decreto di erezione della parrocchia fu emanato da Mons. Marcantonio Rollio, Vescovo di Crema, il 3 settembre 1584 e primo parroco fu il P. Bassiano Vago, Cistercense di Cerreto, che aveva rinunciato alla curia di Credera, dove già era stato parroco per dieci anni.
Il territorio
Rubbiano beneficiò della scomparsa di Piazzano nei vari modi che si sono detti, ma soprattutto annettendo a sé il territorio di Piazzano, diventato amministrativamente ormai res nullius.
Il territorio di Rubbiano, di una estensione di ettari 414 (pertiche 5425), comprende tutta la zona a nord della strada del cimitero di Rubbiano, sino alla Rèsiga, cioè sino al punto dove, in antico, sorgeva Piazzano e, a sud, sino alla sinistra dell’Adda. Questa avanti la notte del 20 settembre 1888, scorreva nelle vicinanze di Cà de’ Vagni, a meno di un km da Rubbiano, lasciando in destra il “Comune della Persia”. E’ per questo motivo che la frazione, ora in sinistra, è tuttavia lodigiana e appartiene a Cavenago;lo strano nome poi non ha nulla che vedere coi…Persiani di Serse a Artaserse, ma più modestamente vuole indicare un gruppo di case “perse” o sperdute nei meandri dell’Adda.
Viceversa, le Zerbaglie o Zerbe, benché in destra dell’Adda appartengono a Rubbiano, dal quale furono separate da una non remota disastrosa piena dell’Adda. Terreno, questo, ideale per la caccia della selvaggina di palude; una partita famosa per il numero dei capi abbattuti è tuttora ricordata con una lapide murata nella cascina.
A Rubbiano appartiene pure ilBodrio (forse da “botrum” – grappolo, ma anche “borro”). Pure a Rubbiano fa capo, più che non a Casaletto Ceredano cui appartiene Cà de’ Vagni, grosso cascinale già con 75 abitanti, antica dimora di una famiglia di tal nome che, al tempo della gestione dei Monaci di Cerreto, era investita di speciali mansioni di amministrazione e di direzione dei lavoratori o vanenti addetti alla coltivazione di quella zona di difficile accesso.
Rubbiano fa parte del Comune Credera Rubbiano e conta una popolazione di circa 750 abitanti.
Rovereto
Questo nome è frequentemente usato prima del Mille per indicare una località già occupata da selva di roveri. Nel nostro caso la cosa trova conferma nel fatto che pure le vicine località di oscazzano e Rubbiano sono state denominate dalle boscaglie di roveri che coprivano questa zona , come coprivano, al dire di Polibio (II,15), gran parte della Gallia Traspadana. Questa selva di querce, situata sul margine meridionale dell’Isola Fulcheria, era come il coronamento di un dosso che qui raggiungeva il livello di 70 m. sul mare, mentre a mezzogiorno il terreno si avvallava subito raggiungendo, a 2 Km. di distanza, presso l’Adda, un livello di 55m. Appartenne anticamente ad uno stesso latifondo comprendente tutto il territorio di Rovereto, Moscazzano, Montodine, Gombito, Vinzasca e Rivoltella (Arpina e Guerina) passato nel VII o nell’VIII secolo in possesso della potente famiglia longobarda, che poi fu detta dei Capitani di Rivoltella.
Perciò la prima origine di Rovereto va forse attribuita a quel nucleo di servi della gleba che attesero a disboscare la foresta, a dissodare il terreno reso fertile dall’humus che i secoli avevano accumulato nel folto della boscaglia vergine, ricetto di selvaggina svariata e numerosa.
Nel 1188 diventava proprietà di Federico I con altre diciotto località dell’Isola Fulcheria.
La boscaglia durava ancora, in parte, nei primi decenni del sec. XIV, (come afferma il Racchetti nel suo racconto Paolo dei Conti di Camisano) e, benché ridotta a minima estensione, ancora nel sec. XVIII, perché gli Atti della visita Lombardi (1756) il luogo “roboribs conistum ne aquarum impetu diluta terra in inferiorem agri planitiem defluat”, cioè luogo piantato a roveri per tenere in sesto il terreno che sarebbe altrimenti trascinato in basso dalle acque pluviali e fluviali.
Chiesa e Parrocchia
La storia religiosa di Rovereto, fino al 1647, si confonde con quella di Credera, sotto la cui giurisdizione Rovereto si trovava. Ma quando necessità di popolo e premura della Chiesa, specialmente in seguito al Concilio di Trento, fecero sentire il bisogno di costituire in paese la nuova parrocchia, un cumulo di difficoltà vi si frappose, e le pratiche riuscirono lunghe e laboriose, tanto da lasciar molto dubbio sulla riuscita. C’erano d mezzo l’Abbazia di Cerreto, il Convento degli Agostiniani e il Parroco di Credera: c’era soprattutto, la mancanza di ogni cosa e la miseria del paese. Si cominciò con il costruire una chiesetta, gettandone le fondamenta nel 1609: poi i ottenne un coadiutore con dimora stabile (1634); e, finalmente, nel 1647, venne il decreto di erezione della parrocchia; con l’inconveniente che, ad ogni vacanza, fino al sec. XVIII, si rinfocolavano le liti dei pretendenti in nome degli antichi diritti per la nomina.
Nel primo quarto del secolo scorso, e precisamente nel 1822, si compiono opere di restauro nella chiesa che, peraltro, non risolvono il problema dell’insufficienza ad accogliere la popolazione assai cresciuta di numero.
Soltanto nel 1910/1915 la chiesa può essere ampliata con l’aggiunta di due nuove arcate alle due preesistenti. Vi si notano alcuni affreschi della scola di A. Busso, databili dai primi anni del sec. XVII, e alcuni altri della scuola del Barbelli del sec. XVII.
Il territorio di Rovereto è irrigato da un ramo dell’Acqua Rossa, dall’Alchinetta e dalla Comuna. L’edificio più notevole del paese è la Villa Agnesi, in amena posizione, con vasto podere all’intorno e ombreggiata da belle macchie di piante annose, sul margine di un torrente che strapiomba fra ciglioni boscosi e accidentati.
Rovereto, che prima era Comune a se, con R.D. 4 giugno 1868 fu unito a Credera Rubbiano. La popolazione è di circa 750 abitanti.